MENA Sguardi e Analisi di Claudio Bertolotti

MENA Sguardi e Analisi di Claudio Bertolotti

domenica 24 maggio 2015

Intervista a C. Bertolotti "Afghanistan, missione incompiuta" (L'Indro)



L'Indro 

di Francesca Lancini

Geopolitica 3.0 dall’India all'Africa/1

Con Claudio Bertolotti, il punto sui conflitti a 14 anni dall’11 settembre

 
Quattordici anni di guerre mosse dall’Occidente, instabilità, disintegrazione di intere Nazioni, richiedono un’ampia riflessione. Lo Stato Islamico ha alzato la sua bandiera, almeno formalmente, anche in India, Pakistan e Afghanistan. LIraq, la Siria e la Libia non esistono più come Stati. Le cosiddette ‘primavere arabe’ si sono presto rivelate degli inverni. Migranti disperati continuano a morire nel Mediterraneo o, nel migliore dei casi, ad approdare sulle nostre coste all’apice di una propaganda xenofoba e strumentale.
 
Lo studioso Claudio Bertolotti spiega a ‘L’Indro’ in un’intervista, divisa in due parti (la prima su Afghanistan e Asia meridionale, la seconda su Medio-Oriente e Mediterraneo), perché siamo giunti a questo scenario e dove ci staremmo dirigendo.
Come analista strategico indipendente e ricercatore senior presso il Centro militare di Studi Strategici (CeMISS), Bertolotti si occupa di conflittualità dell’area MENA allargata (Grande Medio Oriente). Ma è anche rappresentante nazionale per l’Italia alla ‘5+5 Defense iniziative 2015′ dell’Euro-Maghreb Centre for Research and Strategic Studies (CEMRES) di Tunisi.
 
Non da ultimo, Bertolotti è stato per circa due anni capo sezione contro-intelligence e sicurezza di ISAF in Afghanistan, il Paese asiatico completamente fuori controlloda cui parte la sua analisi. “Politicamente un fallimento, militarmente un mancato successo”. Vediamo perché. 
Perché di Afghanistan si parla sempre meno e male?
La guerra che dura da 14 anni è il secondo tempo di quarant’anni di conflittualità. L’opinione pubblica globale è stanca, distratta, anche da una crisi economica dalla quale si fatica a uscire, che coinvolge tutto l’Occidente e si estende oltre... (
vai all'articolo originle su L'Indro)

venerdì 22 maggio 2015

CONFERENZA MILANO 28 MAGGIO: Un equilibrio precario? Le sfide del Grande Medio Oriente

Milano 28 maggio, 16.30
UN EQUILIBRIO PRECARIO?
LE SFIDE DEL GRANDE MEDIO ORIENTE

Università degli Studi di Milano

Intervengono
Giovanni PARIGI, Claudio BERTOLOTTI, Gianluca PASTORI
Moderatore
Giuseppe DENTICE



lunedì 11 maggio 2015

Medio e Vicino Oriente destabilizzato: l’avanzata dell’ISIS verso il Libano? (CeMiSS - OSS 2/2015)

di Claudio Bertolotti



 
 
 
 
 
 
Summary/Sintesi
"In a framework where ISIS is trying to consolidate its positions, Dr. Claudio Bertolotti believes that the informal non-aggression pact in force with Lebanese army may be broken, anticipating the risk of a military escalation on the Lebanese territory aimed at damaging Shiite and foreign targets as well as the UNIFIL".
 
"In un quadro nel quale l’ISIS sta cercando di consolidare le posizioni conquistate e mantenute nel corso dell’ultimo anno, Claudio Bertolotti valuta possibile la rottura di quell’informale patto di non belligeranza ancora vigente con l’esercito libanese e quindi ritiene probabile un’escalation di violenza sul  territorio libanese, tanto di tipo transfrontaliero quanto di natura puntiforme, a danno di obiettivi sciiti e stranieri e, forse, anche UNIFIL".
 
MEDIO E VICINO ORIENTE DESTABILIZZATO: L'AVANZATA DELL'ISIS VERSO IL LIBANO?
Sul piano militare l’ISIS è in fase di consolidamento delle posizioni conquistate e mantenute nel corso dell’ultimo anno. Gli sviluppi militari seguono le direttive strategiche definite a livello politico; e l’obiettivo politico dell’ISIS è la restaurazione dello storico califfato, all’interno dei cui confini vi sono ingenti quantità di risorse energetiche da sfruttare.
I mezzi utilizzati sono quelli che il proto-stato islamico è riuscito a ottenere attraverso un razionale sviluppo delle capacità logistico-operative e di comando, controllo e comunicazione. Dalla capacità militare alla raccolta fondi e autofinanziamento, dalla propaganda al cyber-warfare, e ancora il terrorismo quale strumento di pressione psicologica, locale e globale.
In questa direzione si muovono i “colonnelli” e gli “ambasciatori” dell’autoproclamato califfo Abu Bakr al-Baghdadi, abili, da un lato, nello sfruttare tutte le debolezze di un Occidente incapace di agire con fermezza e privo di una visione unitaria, dall’altro, di portare destabilizzazione all’interno dell’intera area grande-mediorientale. Un successo complessivo che non fa che aumentare focolai regionali mai sopiti, dalla Libia al Libano, all’area dell’Af-Pak-Ind.
Sul campo di battaglia convenzionale l’avanzata delle forze del califfo procede attraverso la conquista delle aree periferiche scarsamente presidiate dalle istituzioni e dalle forze di sicurezza statali. Conquiste che, sebbene non significative sul piano operativo, sul campo di battaglia virtuale aumentano il mito dell’invincibilità dell’ISIS, hanno una forte impatto emotivo (su entrambi i fronti) e sfruttano il processo di amplificazione massmediatica delle notizie attraverso il web e, in particolare, i social network.
Un dinamismo che consente agli organi di informazione dell’ISIS di indicare come ormai prossimo il raggiungimento del fine politico, il califfato.
Ora l’ISIS, da un lato punta alla “conquista” di nuovi territori da sfruttare come basi di partenza per ulteriori offensive (o comunque come minaccia) – e la Libia rientra tra questi – dall’altro consolida gli spazi conquistati – fisici e non – attraverso un’intensa attività politica fatta di scouting, alleanze, riconoscimenti reciproci con attori locali (marketing e franchising) e intensa attività di propaganda.
Un approccio strategico che si muove su due direttrici parallele e funzionali l’una all’altra.
La prima direttrice è quella diretta dell’offensiva convenzionale, di natura regionale e transnazionale (oltre i vecchi confini di un Medio Oriente e nord Africa in via di ridefinizione), in grado di coinvolgere gruppi di opposizione armata (GOA) locali e fenomeni insurrezionali di differente natura e origine, unendoli sotto la simbolica bandiera nera del califfato (in questa direzione va il passaggio allo Stato islamico del gruppo nigeriano Boko Haram).
La seconda è quella indiretta delle molteplici minacce di natura globale: dall’imprevedibilità del jihadismo autoctono – l’home-made terrorism/lone-wolf – una minaccia individuale alimentata dall’ampio contesto di virtual-jihad amplificato dal social-networking, alla minaccia prevedibile  – ma al momento non efficacemente affrontata – del jihadismo migrante e di ritorno[1] e legata all’incontrollato fenomeno migratorio attraverso il Mediterraneo.
Rimandando l’approfondimento sugli sviluppi generali dell’ISIS a una successiva riflessione, questo contributo di pensiero intende concentrarsi sullo sviluppo regionale del fenomeno, più dettagliatamente l’espansione verso il Libano
 
Il Libano è area di interesse del jihadismo regionale?
Ormai da tempo, l’attenzione dell’ISIS si è concentra sul paese dei cedri. Progressivamente e con dimostrata capacità, il piano politico-militare di al-Baghdadi ha portato all’inclusione nominale del Libano all’interno del califfato e alla proclamazione del relativo emirato islamico.
I combattenti dell’ISIS hanno avviato rapporti di cooperazione con i GOA operativi nel nord della Siria, una scelta funzionale all’espansione verso il Libano. Tale cooperazione prevederebbe l’istituzione di un comitato organizzativo militare finalizzato a coordinare l’attività operativa su territorio libanese; una scelta basata sul presupposto teorico di un Libano inteso come componente politico-geografica e sociale del più ampio Stato islamico.
Questo l’approccio concettuale che, al momento, non si è però concretizzato nell’attribuzione del ruolo di “emiro”, il comandante politico-militare.
Contrariamente a quanto recepito e diffuso dalla stampa regionale, la recente notizia della nomina a emiro del fuggitivo imam Ahmad al-Assir si è dimostrata essere un artificioso “specchietto per le allodole”, atto a tastare il terreno e valutare le reazioni dell’opinione pubblica della regione. Al contrario, la formazione di un comando per l’emirato del Libano sarebbe in fase di sviluppo sotto la supervisione del comandante Khalaf al-Zeyabi Halous, meglio conosciuto con il nome di battaglia “Abu Musaab Halous”, un combattente siriano che ha ricoperto un ruolo di primo piano nella conquista di Raqqa nel 2013.
E proprio Abu Musaab Halous, unitamente ad altri leader militari dell’ISIS, avrebbe recentemente fatto la sua comparsa all’interno della regione del Qalamoun, una provincia siriana strategicamente importante sul piano militare al confine con il Libano. In tale occasione sarebbe stata avviata la fase organizzativa dei primi nuclei di sicurezza e di alcune formazioni militari da impiegare tra il Qalamoun e il Libano.


L’ISIS addestra le sue reclute sul confine libanese
Le truppe dello Stato islamico sarebbero dunque pronte a condurre azioni offensive in Libano attraverso il confine con la Siria?
I presupposti ci sono. L’ISIS starebbe addestrando le nuove reclute e i circa mille combattenti provenienti dalle altre fazioni in lotta nell’area di Qalamoun – di fatto è una “no-man’s land”. A fronte di un sostanziale sfaldamento dei GOA siriani, è stato registrato un significativo trasferimento di ribelli – molti dei quali provenienti dal "Free Syrian Army" – tra le fila dello stesso ISIS; ciò sarebbe conseguenza diretta della scarsa coesione e organizzazione delle altre parti in lotta contro il governo di Bashar al-Assad.
Anche le informative dell’intelligence confermano la minaccia. La crescente presenza di combattenti sunniti dell’ISIS a ridosso di un’area abitata da una popolazione in prevalenza sciita è ormai un dato di fatto – con una forza stimata in circa 10.000 unità; questo è un ulteriore fattore di destabilizzazione che potrebbe alimentare la contrapposizione violenta tra l’ISIS – impegnato militarmente contro il regime siriano – e l’organizzazione (para)militare di Hezbollah – in supporto alle forze governative di Assad –, con il coinvolgimento delle comunità sia sunnite che sciite libanesi, così come dei profughi siriani (in particolare i rifugiati nelle aree di confine).
È un fatto che oggi la bandiera nera dell’ISIS sventoli a poche centinaia di metri dall’abitato di Arsal (così come in alcune aree all’interno del territorio libanese, come Tripoli) e le attività operative dei jihadisti siano sempre più connesse con la criminalità transfrontaliera grazie al traffico di armi e carburante.
Sebbene il leader del califfato, Abu Bakr al-Baghdadi, appaia al momento non interessato al collasso dello stato libanese, è bene evidenziare come nella strategia dell’ISIS l’espansione si sia sinora basata su un processo di allargamento progressivo fatto di conquiste di piccole aree periferiche, villaggi strategicamente non rilevanti. Un metodo che, da un lato, garantisce il consolidamento di basi di partenza per una successiva espansione e, dall’altro, fornisce una spinta motivazionale ai propri militanti. Un vantaggio ulteriore potrebbe derivare dalla possibilità di occupare alcune località sciite lungo il confine, privando così Hezbollah di alcune basi di supporto.
Tra gli elementi dinamizzanti si impone inoltre il rapporto di collaborazione locale con un altro attore, il gruppo qaedista al-Nusrah, che, non direttamente interessato ad assumere un ruolo attivo in Libano, aprirebbe all’eventualità di un’iniziativa unilaterale dell’ISIS nella terra dei cedri. Una collaborazione che sorprende, guardando alle conflittualità esistenti tra i due movimenti ma che, nel caso libanese, trova la sua logica coerenza nelle dinamiche locali che hanno portato a un informale cessate il fuoco tra l’esercito libanese e al-Nusrah – propenso a concentrare i propri sforzi in opposizione a Hezbollah in Siria – e nei rapporti personali tra i componenti dei due gruppi di opposizione armata.
Ma tra i fattori da valutare va considerato anche il progressivo indebolimento di al-Nusrah (il rapporto di forze con l’ISIS sarebbe di uno a cinque), i cui organici sono in fase di riduzione al pari delle disponibilità economico-finanziarie in conseguenza dell’interruzione del supporto di attori terzi (tra i quali il Qatar). Non è escluso che tali rapporti di forza e la variabile “economica” possano condurre a frizioni sempre più accese tra i due gruppi all’interno dei quali sarebbe presente una significativa componente libanese (almeno 400 i giovani volontari nelle fila dei due movimenti, la metà arruolata nel corso dell’ultimo anno).
Le dinamiche sono estremamente variabili, ma l’attenzione dell’ISIS sul Libano rimane alta, come confermerebbe il tentativo di “inclusione pragmatica” avviato dal religioso (dello Stato islamico) Abu-Walid al-Maqdisi che nel mese di dicembre avrebbe incontrato presso Qalamoun il comandante militare di al-Nusrah, Abu Malik al-Telli. Al di là della visione e degli approcci ideologici dei due gruppi, il fattore di forte influenza è in questo momento l’accesso a risorse economiche e il fiorire dei traffici illeciti e del mercato nero. Così, in un rapporto di reciproca collaborazione e vantaggio, all’instabilità della sicurezza contribuisce la stretta connessione tra insurrezione jihadista e criminalità transfrontaliera.
 
Analisi, Valutazioni, Previsioni
Data l’instabilità della situazione e la minaccia alla sicurezza nazionale, l’esercito libanese ha visto intensificarsi il supporto dei partner esterni; già da tempo gli Stati Uniti forniscono il loro contributo attraverso la cessione di equipaggiamenti ed armamenti a favore dell’esercito nazionale e, al contempo, con supporto e cooperazione in ambito intelligence tanto alle forze di sicurezza quanto – con maggiore e opportuna discrezione – a Hezbollah.
Nel dettaglio, oltre all’armamento leggero per la fanteria, le armi di sostegno e i veicoli corazzati, gli Stati Uniti forniranno al Libano, nell’immediato futuro, sei elicotteri da combattimento “Super Cobra” e alcuni datati ma adeguati aerei F-5.
Una scelta indotta dall’imminente minaccia di azioni offensive da parte di ISIS e al-Nusra. Azioni che potrebbero essere condotte non solamente dal fronte nord-orientale dell’area di Arsal, bensì anche lungo la linea di confine a est; tutta l’area di confine con la Siria è dunque da considerare ad alto rischio di offensive dirette e di penetrazione in territorio libanese.
Sebbene l’istituzione di un emirato islamico libanese dell’ISIS sia ancora limitata al piano teorico, è però confermata una attenzione verso il Libano; in particolare, sarebbe in atto un’intensa attività di reclutamento di volontari per la condotta di attacchi-suicidi ai danni di obiettivi sciiti all’interno dell’area urbana di Beirut, le aree a predominanza sciita del Libano meridionale e contro obiettivi iraniani, francesi e occidentali in genere.
Al-Nusrah, in particolare, potrebbe intensificare le proprie azioni contro Hezbollah; ciò potrebbe prevedere un’azione “di massa” estesa nell’area siriana di Qalamoun (area di origine di molti combattenti di al-Nusrah) o, in alternativa, attacchi concentrati nelle roccaforti sciite libanesi di Hermel e della Bekaa. La seconda ipotesi è quella meno probabile nel breve periodo poiché porterebbe alla rottura dell’informale patto di non belligeranza con l’esercito libanese e allargherebbe un fronte difficile da sostenere.
È dunque possibile valutare come probabile un’escalation di violenza sia di tipo sia trans-frontaliero, sia di natura puntiforme su territorio libanese a danno di obiettivi sciiti, primariamente, e stranieri attraverso attacchi diretti di tipo terroristico (auto-bomba e attacchi suicidi); al contempo, non è possibile escludere l’intenzione di colpire anche le forze di UNIFIL, obiettivo mediaticamente appagante e limitatamente protetto.
Date le premesse – e in linea con le operazioni militari che hanno portato alla cacciata dei jihadisti dall’area di Ras Balbeek nel mese di febbraio e alle azioni di contro-terrorismo su territorio nazionale  – è valutato come probabile un intervento armato delle forze di sicurezza libanesi in funzione di contenimento e contrasto delle forze jihadiste lungo il confine siriano-libanese (Nahar al Kabir, Akjkar, Halba) – in questo caso potrebbe essere presa in considerazione l’opportunità (benché non ufficializzata) di un coordinamento con le omologhe forze di sicurezza governative siriane e con Hezbollah.

[1] Per un approfondimento sulla classificazione della minaccia jihadista si rimanda a C. Bertolotti, ISIS&Co.: dal Mediterraneo il terrorismo jihadista minaccia l’Italia, in “Master of Terror – I Signori del Terrore”, Il Nodo di Gordio, n. 7, gennaio 2015, ed. Il Nodo di Gordio, Trento, pp. 47-54.


 disponibile anche in formato epub.

 

15 maggio BIELLA CONFERENZA e DIBATTITO: ISIS prospettive geopolitiche e diritti umani

dettagli evento

Associazione: Amnesty International Sez. Biella e Caritas Diocesana
Data: venerdì 15 maggio 2015 h.21:00
Luogo: Salone Biverbanca, via Carso 15 Biella
ISIS. Prospettive geopolitiche e diritti umani
Il gruppo di Biella di Amnesty International e Caritas Diocesana Biella, con il Patrocinio del Comune di Biella, organizzano un dibattito dal titolo “ISIS. Prospettive geopolitiche e diritti umani”, che si terrà venerdì 15 maggio, alle ore 21, presso il salone di Biverbanca in via Carso 15 (Biella). La serata sarà dedicata all’approfondimento della storia, il contesto geopolitico e la situazione di sopruso dei diritti umani in cui vivono troppe persone, l’espansione dell’ISIS e la presenza territoriale in Siraq (Siria/Iraq), le cause di migrazioni massicce del popolo siriano.
Interverranno Sherif El Sebaie (Docente di Cultura e Lingua dell’Islam, Politecnico di Torino), Silvia Cantoni (Docente di Diritto Internazionale, Università degli Studi di Torino) e Claudio Bertolotti (Esperto in Conflitto, Sicurezza e Statebuilding, Università degli Studi di Torino).