MENA Sguardi e Analisi di Claudio Bertolotti

MENA Sguardi e Analisi di Claudio Bertolotti

martedì 17 novembre 2015

Attentati di Parigi: potrebbe intervenire la Nato? (L'INDRO)

di Claudio Bertolotti
@cbertolotti1


Syraq: NATO contro IS/Daesh
L’azione del 13 novembre è il potenziale casus belli che può legittimare un intervento militare NATO contro IS

Parigi, venerdì 13 novembre: 129 morti, 350 feriti  -almeno cento in modo grave-, 8 i terroristi jihadisti caduti portando a compimento con successo un’operazione coordinata e complessa. Una tecnica nuova per l’Europa, che deriva direttamente dalle esperienze maturate nei teatri di guerra contemporanei: da Kabul a Damasco, a Baghdad. E oggi Parigi. Si tratta della tecnica delcommando suicida’, ampiamente utilizzata e affinata nel tempo, che ha fatto la sua comparsa per la prima volta nel 2007-2008 sul fronte afghano e di cui si è trattato nel libro ‘Shahid. Analisi del terrorismo suicida‘ e in altri studi successivi, anticipando gli sviluppi a cui oggi assistiamo... (Vai all'articolo su L'INDRO)


Afghanistan: Obama ci ripensa. E anche Renzi (L'INDRO)

di Claudio Bertolotti
@cbertolotti1

 
Obama aumenta le truppe in Afghanistan. Perché aumentano anche i soldati italiani? Guardare verso la Libia

Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha annunciato la propria revisione del piano di disimpegno dall’Afghanistan. Non più un ritiro consistente come era stato annunciato, ma una presenza duratura sino a tutto il 2016. Il totale delle truppe Usa sarà di almeno 10.000 soldati, ai quali andranno ovviamente a sommarsi i circa 5.000 della Nato (e tra questi gli italiani). Il perché di questa scelta è evidente: il Paese non è stabilizzato, i gruppi di opposizione armata (talebani in primis) sono in grado di operare e colpire in buona parte del Paese -come la conquista della città settentrionale di Kunduz alla fine di settembre da parte dei talebani ha ampiamente dimostrato -, lo Stato afghano è inefficiente e corrotto e le sue forze di sicurezza mancano di capacità operativa, logistica e intelligence, nonostante i quattordici anni di sforzi della Comunità internazionale e gli oltre quattro miliardi di dollari spesi per addestrare le forze armate afgane. E come se non bastasse, il fenomeno del Nuovo Terrorismo Insurrezionale (NIT)... (vai all'articolo su L'INDRO)

Andiamo in Libia (L'INDRO)

di Claudio Bertolotti
@cbertolotti1


Si sta preparando un intervento militare complesso, l'Italia si troverà in piena guerra.

Come anticipato su ‘L’Indro‘ ad agosto, e più recentemente annunciato dal capo del Governo, Matteo Renzi, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, l’Italia si prepara a guidare una missione militare in Libia sostenuta dalla Comunità internazionale. Restano da concludere gli aspetti formali a premessa di un intervento legittimo: l’accordo tra le parti in conflitto e la conseguente risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Le tempistiche, nonostante alcune resistenze, sono state rispettate, e la comunicazione strategica ha seguito il suo corso attraverso una progressiva sensibilizzazione dell’opinione pubblica, non priva di apparenti scivoloni, come quello che venne fatto a febbraio quando i Ministri Paolo Gentiloni (Affari Esteri) e Roberta Pinotti (Difesa) annunciarono, il primo, la necessità, di un intervento militare in Libia, e, la seconda, la disponibilità immediata di un significativo quantitativo di truppe pronte a partire (5.000 militari)... (vai all'articolo su L'INDRO)

domenica 4 ottobre 2015

Mediterraneo e Libia: quanto rende il traffico di esseri umani? (L'INDRO)

di Claudio Bertolotti



L'analisi del fenomeno

Mediterraneo e Libia: quanto rende il traffico di esseri umani?

I punti nodali di una situazione ormai degenerata e che va chiarita

L’uccisione avvenuta a Tripoli il 25 settembre di Salah Al-Maskhout, capo dell’organizzazione criminale transnazionale dedita al traffico di esseri umani attraverso la Libia, ha attirato l’attenzione dei media nazionali e internazionali. Un’attenzione che si è concentrata per lo più sulle dinamiche e sulla paternità dell’operazione che ha portato all’eliminazione di un importante elemento criminale – spostando la discussione su quali servizi segreti e forze speciali ne fossero responsabili: italiani, francesi? britannici?… – ma non sul fenomeno in sé e sulle dinamiche strategiche che regolano e alimentano un fenomeno in espansione e i relativi vantaggi economici che si celano dietro a un dramma di ampia portata: quello migratorio. Si tratta di un’ondata migratoria senza precedenti che nel caos dell’area del ‘Grande-Medioriente’, dall’Afghanistan alla Libia, ha trovato un fattore in grado di dinamizzarne l’entità e la portata e che, nel solo 2015, ha registrato un dato impressionante di almeno 300.000 migranti… (vai all’articolo completo su L’INDRO)

Tra immigrazione e sicurezza europea. Ovvero: tra terrorismo e common-borders (L'INDRO)

di Claudio Bertolotti



L’imponente flusso migratorio attraverso il Mediterraneo rappresenta una minaccia per l’Europa? Vi è correlazione tra fenomeno migratorio e terrorismo? Sono le domande che in questi giorni corrono sui media di mezzo mondo e che preoccupano le cancellerie non solo occidentali.
È necessario definire e comprendere il quadro generale in cui si inseriscono il flusso migratorio e la reazione degli attori in gioco (Stati nazionali in primo luogo), e valutare la messa in opera di una soluzione di ampio respiro che vada oltre i tatticismi politici di opportunità e l’assenza di una concreta e univoca capacità di reazione europea... (vai all'articolo completo su L'INDRO)

L’imponente flusso migratorio attraverso il Mediterraneo rappresenta una minaccia per l’Europa? Vi è correlazione tra fenomeno migratorio e terrorismo? Sono le domande che in questi giorni corrono sui media di mezzo mondo e che preoccupano le cancellerie non solo occidentali.
È necessario definire e comprendere il quadro generale in cui si inseriscono il flusso migratorio e la reazione degli attori in gioco (Stati nazionali in primo luogo), e valutare la messa in opera di una soluzione di ampio respiro che vada oltre i tatticismi politici di opportunità e l’assenza di una concreta e univoca capacità di reazione europea.
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martedì 1 settembre 2015

Libano: è colpa solo della spazzatura? (L'INDRO)

Agosto è stato il mese delle violente proteste di piazza di una Beirut le cui strade sono state per molti giorni inondate da immondizia: intervento della Polizia in tenuta anti-sommossa, utilizzo indiretto di armi da fuoco per disperdere la folla, centinaia i feriti, disordini preoccupanti, e il Primo Ministro Tammam Salam  – tra le personalità politiche contestate con maggiore forza –  minaccia le proprie dimissioni.
Gli scontri e le devastazioni del 22-23 agosto sono stati accompagnati dagli slogan dei giovani manifestanti inneggianti allarivoluzione’: e Beirut è stata teatro della più grave ondata di violenza degli ultimi anni, facendo temere che il Paese potesse precipitare nel caos.
Proteste che rientrano nella campagna soprannominata #YouStink (‘Tu puzzi’), e che
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di Claudio Bertolotti 

Giovani in rivolta
You Stink, tu puzzi. Giorni di violente proteste in un Paese a rischio IS/Daesh 
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Agosto è stato il mese delle violente proteste di piazza di una Beirut le cui strade sono state per molti giorni inondate da immondizia: intervento della Polizia in tenuta anti-sommossa, utilizzo indiretto di armi da fuoco per disperdere la folla, centinaia i feriti, disordini preoccupanti, e il Primo Ministro Tammam Salam  – tra le personalità politiche contestate con maggiore forza –  minaccia le proprie dimissioni.
Gli scontri e le devastazioni del 22-23 agosto sono stati accompagnati dagli slogan dei giovani manifestanti inneggianti allarivoluzione’: e Beirut è stata teatro della più grave ondata di violenza degli ultimi anni, facendo temere che il Paese potesse precipitare nel caos.
Proteste che rientrano nella campagna soprannominata #YouStink (‘Tu puzzi’), e che… (vai all’articolo su L’INDRO)

Agosto è stato il mese delle violente proteste di piazza di una Beirut le cui strade sono state per molti giorni inondate da immondizia: intervento della Polizia in tenuta anti-sommossa, utilizzo indiretto di armi da fuoco per disperdere la folla, centinaia i feriti, disordini preoccupanti, e il Primo Ministro Tammam Salam  – tra le personalità politiche contestate con maggiore forza –  minaccia le proprie dimissioni.
Gli scontri e le devastazioni del 22-23 agosto sono stati accompagnati dagli slogan dei giovani manifestanti inneggianti allarivoluzione’: e Beirut è stata teatro della più grave ondata di violenza degli ultimi anni, facendo temere che il Paese potesse precipitare nel caos.
Proteste che rientrano nella campagna soprannominata #YouStink (‘Tu puzzi’), e che
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Agosto è stato il mese delle violente proteste di piazza di una Beirut le cui strade sono state per molti giorni inondate da immondizia: intervento della Polizia in tenuta anti-sommossa, utilizzo indiretto di armi da fuoco per disperdere la folla, centinaia i feriti, disordini preoccupanti, e il Primo Ministro Tammam Salam  – tra le personalità politiche contestate con maggiore forza –  minaccia le proprie dimissioni.
Gli scontri e le devastazioni del 22-23 agosto sono stati accompagnati dagli slogan dei giovani manifestanti inneggianti allarivoluzione’: e Beirut è stata teatro della più grave ondata di violenza degli ultimi anni, facendo temere che il Paese potesse precipitare nel caos.
Proteste che rientrano nella campagna soprannominata #YouStink (‘Tu puzzi’), e che
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mercoledì 19 agosto 2015

Intervento militare in Libia, e poi? (L'INDRO)

di Claudio Bertolotti

Contro il Mediterraneo di Isis&CoI possibili sviluppi di un eventuale intervento militare in Libia

L’ipotesi di intervento militare non è remota né improbabile. Ma la domanda è se la Comunità internazionale, e con essa l’Europa, abbia la volontà – e la capacità – di gestire efficacemente un altro intervento militare in Libia, dopo l’infelice esperienza dell’Operation Unified Protector del 2011 che portò alla caduta del regime di Muammar Gheddafi e al conseguente caos di cui siamo testimoni noi oggi.
Molti indicatori confermerebbero tale volontà..
. vai all'articolo su L'INDRO
Contro il Mediterraneo di Isis&Co

Intervento militare in Libia, e poi?

I possibili sviluppi di un eventuale intervento militare in Libia
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giovedì 16 luglio 2015

Tunisia: contro il nuovo terrorismo insurrezionale (L'INDRO)

di Claudio Bertolotti
 
Una nuova narrativa: tra terrorismo, stato di emergenza e cambio di approccio concettuale
 
Il 4 luglio scorso, il Presidente tunisino, Beji Caid Essebsi, ha proclamato lo stato di emergenza nazionale in risposta agli attacchi condotti e rivendicati dall’ISIS in Tunisia anche contro obiettivi stranieri; una decisione che nella sostanza ha portato alla chiusura di oltre ottanta moschee (e a conseguenti scontri con le forze dell’ordine), al richiamo di una parte dei militari in congedo, all’arresto di oltre cento sospettati... (vai all'articolo completo su L'INDRO).

giovedì 9 luglio 2015

Tunisia in guerra: stato di emergenza e cambio di appproccio concettuale

di Claudio Bertolotti
 
articolo pubblicato su ITSTIME
Il contributo dell’Italia al cambio di approccio concettuale e nel contrasto al “nuovo terrorismo insurrezionale
“Noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”: queste le parole usate dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel proclamare, il 4 luglio, lo stato di emergenza nazionale in risposta all’avanzata dell’ISIS in Tunisia; parole perfettamente in linea con il contributo di pensiero e analisi prodotto dall’Italia[1] e contenuto nel documento su “terrorismo, sicurezza delle frontiere e criminalità transnazionale” che ha visto impegnati gli esperti della “5+5 Defense iniziative 2015”, attività coordinata dal CEMRES di Tunisi – Euro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies, per conto dei ministri della Difesa dell’area “5+5” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Mauritania, Marocco, Algeria, Libia e Tunisia).
 
Il governo tunisino ha sinora affrontato la minaccia con un limite non indifferente che ne frenava le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i precedenti comunicati stampa istituzionali – imponevano di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistevano nel collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia). Oggi la Tunisia ha cambiato metodo, dimostrando di aver recepito le raccomandazioni italiane in merito al cambio di approccio concettuale: “La Tunisia, ormai da tempo minacciata dal fenomeno dell’ISIS, deve cambiare approccio culturale nei confronti delle dinamiche conflittuali che ne mettono in pericolo la stabilità, imparando a distinguere il classico «terrorismo» nazionale dall’attuale minaccia, che terrorismo tout court non è. Una nuova ed efficace forma di violenza transnazionale che impone un cambio concettuale nel processo di definizione della strategia di contrasto; non più, dunque, minaccia interna agli stati nazionali ai quali è demandato l’onere della repressione del fenomeno, bensì un pericolo comune contro cui è necessaria una strategia condivisa a livello regionale”: questa è la sintesi dell’analisi, pubblicata nel mese di febbraio per l’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (ITSTIME), e sostenuta da chi scrive – unico ricercatore italiano alla “5+5 Defense iniziative 2015” – in occasione della prima riunione del gruppo di lavoro di Tunisi del 18-19 febbraio.
Dopo poche settimane dal primo tavolo dei lavori, il 18 marzo, veniva portato a termine l’attacco contro il museo del “Bardo” a Tunisi; in quell’occasione persero la vita ventiquattro persone (quattro italiane), per mano di un commando i cui legami operativi e ideologici si estendevano ben al di là dei confini tunisini. Un evento che rappresenta il momento di svolta formale nel processo di espansione e nella condotta dell’offensiva del fondamentalismo jihadista dell’ISIS in Tunisia; benché il governo tunisino, e con esso i media e la comunità internazionale, abbiano erroneamente perseverato nel mantenere l’iniziale approccio, semplificato e parziale, orientato a una “minaccia terroristica interna”.
La seconda riunione del gruppo di lavoro della “5+5 Defense iniziative 2015” si è tenuta il successivo 15 giugno – pochi giorni prima della strage di Sousse del 26 giugno in cui hanno perso la vita 38 persone (la maggior parte europee); in tale occasione, a cui ha preso parte anche la delegazione libica (assente al primo incontro di febbraio), l’Italia è riuscita a far approvare unanimemente l’inserimento nel documento condiviso del nuovo concetto di minaccia contemporanea: il “nuovo terrorismo insurrezionale” (NIT – New Insurrectional Terrorism).
Un concetto chiave che, in estrema sintesi, definisce un fenomeno – basato su vecchie e nuove dinamiche transnazionali – connesso con altri fenomeni insurrezionali, criminali e di opposizione locali e regionali. Un fenomeno il cui fine non è la semplice destabilizzazione di un governo o un paese all’interno di confini internazionalmente riconosciuti, bensì la rimozione di interi complessi governativi, istituzionali, delle frontiere, senza alcuna considerazione per il diritto e le convenzioni riconosciute sul piano delle relazioni internazionali.
Per queste ragioni, è opinione di chi scrive che si debba procedere a una revisione complessiva dell’approccio concettuale; un approccio che deve basarsi sulla consapevolezza delle dinamiche complesse che influiscono su un fenomeno che è, in primis, denazionalizzato – e composto da soggetti a loro volta denazionalizzati, ovvero che si riconoscono come appartenenti alla nuova realtà statale, il califfato, la ummah – e influenzato da dinamiche locali, regionali e globali di ampio spettro.
Dunque, è opportuno prendere atto che una categorizzazione del fenomeno come dinamica di natura nazionale e limitata all’interno di formali confini statali è ormai anacronistica e potrebbe indurre a un confronto inefficace con la minaccia e alla conseguente improduttiva strategia di contrasto.
 
Conclusioni e raccomandazioni
Perché il cambio di approccio concettuale della Tunisia è così importante? Lo è perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino, in cooperazione con i partner africani ed europei, si delineerà il futuro prossimo della Tunisia, dell’Africa e dell’Italia. Se anche la Tunisia – politicamente fragile, economicamente e socialmente a rischio di destabilizzazione – non sarà in grado di reggere all’avanzata dell’ISIS, il rischio è il collasso e l’insorgenza di una guerra aperta: questa sarebbe una minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
Dunque, una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia, e dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, come conseguenza del caos libico;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • rischio di infiltrazione jihadista – anche connessa ai flussi migratori;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria in connessione con il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico.
http://www.itstime.it/w/tunisia-in-guerra-dichiarato-lo-stato-di-emergenza-by-claudio-bertolotti/
 

sabato 27 giugno 2015

Dalla Libia all’Afghanistan: l’ISIS esporta un modello di violenza transnazionale di successo

di Claudio Bertolotti

ISBN 978-88-99468-06-04

Claudio Bertolotti ci segnala come l’ISIS si sta espandendo anche in Afghanistan. Per contenerlo,contrastarlo e sconfiggerlo è ormai necessario rendersi conto che si tratta di una minaccia transnazionale e globale. Gli eventi politici, e gli episodi di violenza, che stanno caratterizzando il Medio Oriente e il Nord Africa non devono più essere analizzati come cose tra loro separate, ma come parte di un ampio piano politico basato su distruttivi principi ideologici.
Al contrario di AQIS (al-Qa'ida nel sub-continente indiano), l’ISIS ha iniziato un’efficace opera di penetrazione in Afghanistan attraverso l’affiliazione, la condotta di attività operative e il reclutamento di militanti, anche stranieri. Un recente report delle Nazioni Unite confermerebbe la presenza di migliaia di foreign fighter, provenienti da oltre cento paesi, tra le fila di al-Qa’ida e dell’ISIS o di altri gruppi affiliati; del totale almeno 6.500 sarebbero già operativi in Afghanistan, tra questi alcuni proverrebbero dalla storica organizzazione dell’Islamic Movement of Uzbekistan (IMU) recentemente passata dalla parte dello nascente Stato Islamico di Abu Bakr al-Bagdadi che, a meno di un anno dalla conquista della città irachena di Mosul, continua la sua strategica espansione dal Syraq a tutto il Grande Medio-Oriente, dalla Libia all’Afghanistan dove si contrappone a un’al-Qa’ida che sembra aver ripreso energia proprio con la comparsa del nuovo competitor; un competitor che è alla ricerca di ulteriori basi operative e nuovi alleati: in questo modo Pakistan e Afghanistan sono entrati a pieno titolo nella strategia della violenza dello Stato Islamico che si è imposto nel sub-continente indiano attraverso il brand “ISIS Wilayat Khorasan”.
E dopo la comparsa in Libia, con l’attacco suicida al ‘Corinthia Hotel’ di Tripoli nel mese di gennaio, l’ISIS – nonostante un’ipotesi di smentita – si sarebbe formalmente imposto in Afghanistan attraverso l’azione suicida che, il 18 aprile, ha ucciso 34 persone ferendone altre 125 a Jalalabad, capoluogo della provincia di Nangarhar, nell’est dell’Afghanistan.
Capacità tecnica e volontà offensiva: quale ruolo per gli attacchi suicidi?
Quello a cui assistiamo è un aumento degli attacchi suicidi sui piani quantitativo, qualitativo e geografico. Dalla Libia, all’Afghanistan, gli attacchi suicidi si sono imposti come tecnica vincente, indipendentemente dagli effettivi risultati sul campo di battaglia.
L’aumento della frequenza degli attacchi suicidi e la loro diffusione geografica sono chiari indicatori dell’accresciuta capacità ed esperienza tecnica e della permeabilità dei teatri operativi a gruppi insurrezionali esogeni. Ciò mostra quanto sia maturata nel tempo la consapevolezza dell’utilità di tale tecnica in un’ottica strategica di opposizione e non semplicemente come tattica sul campo di battaglia. In tale quadro si configurerebbe un processo evolutivo del fenomeno giunto ai giorni nostri attraverso un’amplificazione dell’offensiva sempre più spettacolare e strutturata, oltre che capace di adattarsi molto velocemente alle contromisure messe in atto dalle forze di sicurezza.
Successo o fallimento: quali i risultati?
Gli attacchi suicidi hanno confermato di essere una tecnica vincente innanzitutto sul piano mediatico. Anno dopo anno i gruppi di opposizione armata hanno saputo convogliare l’attenzione massmediatica, prima sul conflitto afghano e poi su quello in Syraq, attraverso una razionale regia strategica incentrata su azioni mediaticamente appaganti come gli attacchi suicidi multipli (commando); questo indipendentemente dal risultato «tattico» raggiunto.
In secondo luogo, hanno ottenuto risultati positivi sul piano della funzionalità operativa dove l’approccio razionale dei gruppi di opposizione ottiene come risultato tangibile il cosiddetto «blocco funzionale» (o «stop operativo»): danneggiamento di veicoli e installazioni, ferimento di addetti alla sicurezza, limitazione della capacità di manovra, riduzione del vantaggio tecnologico e del potenziale operativo. I risultati sono tangibili e hanno portato a ottenere, nel periodo 2011-2014, un successo relativo (il blocco funzionale) in media nel 78% dei casi.
I risultati conseguiti a danno delle forze di sicurezza ne confermano la validità; e dunque per questa ragione la tecnica è stata utilizzata e affinata. Inoltre, ciò che si evince da un’analisi complessiva è che i gruppi di opposizione, grazie a un buon livello di information-sharing sono oggi in grado di condividere molto velocemente le nuove tecniche e tattiche.
Stando così le cose, l’impatto della tecnica suicida contribuirà a rendere più onerosa la missione di contrasto all’ISIS e i suoi affiliati?
I risultati sinora ottenuti hanno consentito di adeguare sempre più e sempre meglio gli equipaggiamenti esplosivi alle esigenze di carattere tattico. E, in fatto di aggiornamento e adeguamento, i gruppi di opposizione tendono ad anticipare le forze di sicurezza: aumentare la capacità offensiva e il potenziale distruttivo di un attacco suicida è più veloce ed economico che non progettare veicoli sempre più protetti e pesanti (e costosi).
Se sul piano propriamente militare si può quindi affermare che la rilevanza delle azioni suicide è significativa, è altresì evidente l’efficacia nell’attività di reclutamento degli aspiranti attaccanti. In sintesi:
- a livello strategico gli attacchi suicidi hanno ottenuto l’attenzione dei media regionali e internazionali nel 78% dei casi mentre le azioni multiple/commando hanno ottenuto un’attenzione mediatica pari al 100%.
- a livello operativo gli attacchi hanno causato il blocco funzionale delle forze di sicurezza in sette casi su dieci (73% in media).
- Infine, a livello tattico il successo è pari, nel 2011, al 57% dei casi a fronte di un 36% di atti formalmente fallimentari, mentre il 2014 si è stabilizzato su una percentuale di successo del 54% e di fallimento del 30%.
Gli attacchi suicidi hanno dunque una rilevanza significativa tanto a livello operativo (limitazione della funzionalità operativa delle forze di sicurezza) quanto sul piano mediatico; quest’ultimo sfruttato a fini politico-propagandistici. Si può dunque parlare di strategia politico-militare i cui veri obiettivi consisterebbero prioritariamente in:
- attrarre l’attenzione mediatica al fine di influenzare le opinioni pubbliche, locali e straniere;
- concorrere a imporre una condizione di stress operativo (in particolare attraverso il «blocco funzionale»);
- creare uno stato di insicurezza generale con ripercussioni su opinione pubblica, piano sociale interno e lotta per il potere a livello locale.
Costi contenuti ed effetti immediati e amplificati sono i punti di forza alla base delle spettacolarizzazione della violenza; una tecnica che continuerà a contribuire al raggiungimento di significativi risultati a livello strategico, operativo, e non trascurabili sul piano tattico.
Sul piano qualitativo, il 2014 si è dimostrato essere l’anno dei maggiori risultati ottenuti dai gruppi di opposizione armata attraverso la spettacolarizzazione degli attacchi suicidi: aumento del blocco funzionale, incremento nel numero di uccisi e maggiore attenzione mediatica; rimandando per un opportuno approfondimento all’articolo che verrà pubblicato sul numero 2/2015 di ‘Sicurezza, Terrorismo e Società’, possiamo valutare come altamente probabile già nel breve-medio periodo un’evoluzione incrementale degli attacchi suicidi sia sul piano quantitativo-qualitativo sia su quello geografico.

ISBN 978-88-99468-06-04

mercoledì 17 giugno 2015

TERRORISMO: BERTOLOTTI (ESPERTO), PRODUCE PROFUGHI E ALIMENTA LA TRATTA

Esperto, terrorismo produce profughi, alimenta tratta

Intervento Bertolotti a convegno Migramed a Tunisi

17 giugno, 12:13
(ANSAmed) - TUNISI, 17 GIU - C'è una stretta correlazione tra terrorismo e crimine organizzato. Produce profughi e alimenta il traffico di esseri umani, che non si fa scrupolo di usare qualunque mezzo a disposizione pur di trarre beneficio dalla tratta di migranti. Lo afferma l'esperto di geopolitica Claudio Bertolotti, intervenuto al meeting Migramed della Caritas Italiana con le Caritas europee e del bacino del Mediterraneo in corso a Tunisi fino a domani.

Tra i temi affrontati al meeting sul tema "Siamo servitori della speranza per una nuova primavera", anche gli effetti delle Primavere Arabe sulle società europee e mediterranee, il ruolo delle Caritas nazionali nell'accoglienza dei migranti, quello della Chiesa nei Paesi del Mediterraneo e naturalmente quello del terrorismo. "C'è una forte porosità delle frontiere e la Libia è il cancello aperto attraverso il quale tutti i flussi migratori passano senza grossi controlli", ha affermato Bertolotti, secondo cui "c'è il rischio di una politica inefficace contro questa minaccia che ha cambiato modalità e tattiche. Se dovessimo fallire nell'adozione di una strategia efficace la situazione potrebbe diventare davvero preoccupante, con una destabilizzazione regionale che si può estendere dall'area medio-orientale a quella nord africana".

"I flussi migratori, ha continuato l'esperto, sono una delle più importanti fonti di sostentamento del crimine organizzato transnazionale, che ha stretti legami con il nuovo terrorismo insurrezionale". Poi, rispondendo ad una domanda: "Che ci siano terroristi sui barconi è una possibilità che rientra nel calcolo delle probabilità, non possiamo escluderlo a priori. Ci sono volontà individuali che possono decidere di colpire o meno, ma sicuramente ci sono mezzi molto più sicuri per arrivare in Europa. Piuttosto che fare un blocco navale conviene implementare le attività di intelligence alle frontiere, per consentire un flusso sicuro".(ANSAmed). 
(SIR) 11:47 -TERRORISMO: BERTOLOTTI (ESPERTO), “PRODUCE PROFUGHI E ALIMENTA LA TRATTA”
(dall’inviata Sir a Tunisi) - “C’è una stretta correlazione tra il nuovo fenomeno del terrorismo insurrezionale ed il crimine organizzato. Produce profughi e alimenta il mercato di esseri umani, che non si fa scrupolo di usare qualunque mezzo a disposizione pur di trarre beneficio dalla tratta”. Lo ha spiegato stamattina ai 130 delegati delle Caritas europee e della sponda sud del Mediterraneo Claudio Bertolotti, esperto di questioni geopolitiche legate a conflitti e terrorismo, durante la seconda giornata di lavori del Migramed meeting organizzato da Caritas italiana, dedicata ad un approfondimento sul fenomeno del “nuovo terrorismo insurrezionale” nei Paesi islamici, come l’Isis, che ha un suo territorio, risorse e capacità politiche. “C’è una forte porosità delle frontiere e la Libia è il cancello aperto attraverso il quale tutti i flussi migratori passano senza grossi controlli - ha detto -. C’è il rischio di una politica inefficace contro questa minaccia che ha cambiato modalità e tattiche. Se dovessimo fallire nell’adozione di una strategia efficace la situazione potrebbe diventare davvero preoccupante, con una destabilizzazione regionale che si può estendere dall’area medio-orientale a quella nord africana”. (segue)

11:47 - TERRORISMO: BERTOLOTTI (ESPERTO), “PRODUCE PROFUGHI E ALIMENTA LA TRATTA” (2)

“I flussi migratori - ha proseguito Bertolotti - sono una delle più importanti fonti di sostentamento del crimine organizzato transnazionale, che ha stretti legami con il nuovo terrorismo insurrezionale”. Poi, rispondendo ad una domanda: “Che ci siano terroristi sui barconi è una possibilità che rientra nel calcolo delle probabilità, non possiamo escluderlo a priori. Ci sono volontà individuali che possono decidere di colpire o meno, ma sicuramente ci sono mezzi molto più sicuri per arrivare in Europa. Piuttosto che fare un blocco navale conviene implementare le attività di intelligence alle frontiere, per consentire un flusso sicuro”. http://spondasud.it/2015/06/il-terrorismo-produce-profughi-e-alimenta-la-tratta-di-esseri-umani-9141

sabato 13 giugno 2015

Tunisi 14-16 giugno CEMRES 5+5 Defence Initiative


BORDERS SECURITY

TERRORISM

TRANSNATIONAL CRIME

Affronteranno le minacce alla sicurezza del Mediterraneo i dieci esperti internazionali
di Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Malta, Libia, Tunisia, Algeria, Mauritania e Marocco

http://www.5plus5defence.org/sites/EN/PagesEN/cemres.aspx
Salvare la vita dei migranti e gestire la sicurezza delle comuni frontiere europee a livelo europeo. A sostegno dell'iniziativa #commonborders http://www.commonborders.eu/ Marco Marazzi,

giovedì 11 giugno 2015

MIGRAMED - Tunisi 15-18 giugno - Terrorismo, migrazione, islam, Occidente



                                              
http://www.caritasitaliana.it/home_page/area_stampa/00005883_Migramed_2015___Meeting_internazionale_Caritas_del_Mediterraneo.html
CARITAS ITALIANA – CARITAS EUROPA
  
TUNIS
15th - 18th June 2015
Golden Tulip Hotel, Rue de la Republique, Marsa 2078, Tunisia
 

Monday, 15th June
13.00 – 14.30
Lunch at the Golden Tulip Hotel  (Restaurant El Mountazah)

16.00 – 17.00 

Official opening
Welcoming by Firmin Mola Mbalo (Caritas Tunisia)

Ilario Antoniazzi, bishop of Tunis
Francesco Soddu, director of Caritas Italiana

17.00 – 19.00 
Seminar
Europe -  Maghreb
The effect of the Arab spring on the European and Arab societies:
a social, historical overview

prof. Kmar Bendana (University of Tunis)
prof. Maurizio Ambrosini (University of Milan)
prof. Jean Pierre Cassarino (Schumann Institute of Florence)

moderator Oliviero Forti (Caritas Italiana)








Tuesday, 16th June

8.00
Breakfast at the Golden Tulip Hotel  (Restaurant El Mountazah)

9.00 – 9.30    
Islam and Democracy, the Tunisian experience
A breathing space by

Prof. Abderrazak Sayaddi (University of Tunis, P.I.S.A.I. Rome, G.R.I.C.)

9.30 – 10.00
From terrorism to jihadism
Definition of the threat, tracks for shared solutions
and consequences on human mobility

Claudio Bertolotti (Senior Researcher - Indipendent Strategic Analyst
Italian researcher for "5+5 Defence Initiative" for the security in the west Mediterranean area)

moderator don Marco Lai (Caritas Cagliari)

10.00 – 10.30
Coffee break

10.30 – 12.30
Round table: a dialogue between shores
Update about the crucial situation in the Mediterranean area

Oliviero Forti (Caritas Italiana)
             (UNHCR)
             (UNHCR)
Firmin Mola Mbalo (Caritas Tunisia)
Valerio Landri (Caritas di Agrigento)

12.30 – 13.00
Debate

13.00 – 14.30
Light lunch

15.00 – 17.30  
Middle East, North Africa and Horn of Africa
The challenges of the Caritas Network

Fr. Paul Karam (President of Caritas Lebanon)
Soufia Naffa (Caritas Jordan)
Bishop Giorgio Bertin (Bishop of Djibouti and Apostolic Administrator of Mogadishu)
Edouard Danjoy (director of Caritas Rabat-Morocco)
Fr. Cesare Baldi (director Caritas Algeria)

moderator Fr. Nicolas  Lhernould (Vicar General of Tunis)

17.30 – 18.00
Debate








Wednesday, 17th June

08.00 – 09.00
Breakfast at the Golden Tulip Hotel  (Restaurant El Mountazah)

09.00 – 13.00*
EU agenda on migration
Towards a caritas common position

Shannon Pfhoman (Caritas Europa)
George Joseph (Caritas Sweden)
Christoph Klitsch-Ott (Caritas Germany)
Nikos Voutsinos (Caritas Greece)
Cyrille De Billy (Secours Catholique)
Claire Loizides (Caritas Cyprus)
Manuela De Marco (Caritas Italiana)
Maria Segurado (Caritas Spain)

moderator Oliviero Forti (Caritas Italiana)









Salvare la vita dei migranti e gestire la sicurezza delle comuni frontiere europee a livelo europeo. A sostegno dell'iniziativa #commonborders http://www.commonborders.eu/ Marco Marazzi,